28 ottobre 2005

Week end dei morti



Thailandia. Il 27, almeno 6 persone sono morte in una serie di attacchi attribuiti dalle autorità a presunti militanti islamici nel sud del Paese.

Kashmir indiano. Il 24, 5 presunti militanti islamici sono stati uccisi dalle truppe indiane.Il 26, una guardia di confine è morta e altre 25 persone, tra cui 5 civili, sono rimaste uccise per l’esplosione di un’autobomba nella periferia della capitale Srinagar Pakistan.

Nigeria. Il 20 alcuni sospetti ladri di petrolio sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia nigeriana, mentre un oleodotto è andato a fuoco nei pressi della città di Warri.

Rep. Dem. Congo. Il 22 l'esercito ha ucciso 30 miliziani di due diversi gruppi armati in una serie di operazioni per il controllo del territorio nella provincia dell'Ituri, nel nord-est del paese.

Il 26, un attentatore suicida si è fatto esplodere nel mercato ortofrutticolo di Hadera, in Israele. Nell'esplosione sono morte 5 persone e altre 30 sono rimaste ferite. L'azione è stata rivendicata dalla Jihad Islamica.

Algeria. Il 20, nelle province orientali di Bouira e Jijel, sono morte 20 persone negli scontri tra esercito e polizia algerini e i gruppi d'integralisti islamici.

Colombia. Il 25, almeno 7 persone sono state uccise in un'incursione armata a San Miguel, nella regione del Putumayo, al confine con l'Ecuador, mentre a Bogotà i presidenti dei due Paesi, erano intenti a discutere del rafforzamento della sicurezza lungo i 586 chilometri di frontiera comune.

27 ottobre 2005

Quasi adatti



Quasi adatti a scoprire che fuori è ancora estate.
Ma che chiusi in ufficio le stagioni non contano.
Quasi adatti a perder tempo in nome del dovere.
Quasi adatti ad aspettare cinque giorni il venerdì.
Quasi adatti a fare. E non sapere mai che cosa.
Quasi adatti a chiamare qualcuno Capo.
Quasi adatti a sorrisi più tirati di un fendente.
Quasi adatti al comportarsi in base alla circostanza.
Quasi adatti a mandar giù il boccone amaro.
Quasi adatti a bruciarsi gli occhi davanti ad un pc.
Quasi adatti a fare finta che di vita ce n'è più d'una.
Quasi adatti alle vacanze nei Villaggi.
Quasi adatti ad andare a Cuba per scopare.
Quasi adatti a sospirare che domani andrà meglio.
Quasi adatti a fare a gara a chi si veste meglio.
Quasi adatti a giocare a fare i ricchi.
Quasi adatti all' evento che tarda ad arrivare.
Quasi adatti a giocare a nascondino.
Quasi adatti a sparare all'uomo nero.
Quasi adatti alla cozza e al tavolino.
Quasi adatti alla modella e all'analista.
Quasi adatti a rimandare tutto all'infinito.
Quasi adatti ai serpenti e agli scorpioni.
Ma gli squali vanno solo dove c'è il sangue.
Anche una goccia sola.
Quasi adatti a sanguinare.
Quasi adatti.
Quasi adatti alla cottura al dente.
Quasi adatti a mischiarsi in mezzo a tutta l'altra gente.
Sempre grazie.
Parola Quasi.

24 ottobre 2005

Milano (odi et amo)



Come se ci fosse bisogno di una trasmissione televisiva.
Illuminati e Celentani. Beppe Grilli e Report.
Beato chi l'ha vista nella sua epoca d'oro.
Quand Milan l'era un gran Milan.
Io no.
Ma bastano due foto. Di quelle in bianco e nero.
E i racconti di papà.
Una città che è senza fiume.
Ma con più acqua di tutte le altre.
E non erano pozzanghere.
Piccoli uomini di giunte comunali mettetevelo in testa.
Si chiamavano Navigli.
Meraviglia navigabile nata dalla mente venuta dallo spazio.
Leonardo.
Perchè Vinci non era un paese. Ma una stella luminosa.
Ma venne l'età buia.
Che ha spento quella stella.
Che trasforma le vie d'acqua in pozze ed acquitrini.
Colate di cemento, parcheggi e palazzi.
In nome del brutto.
In nome del soldo.
Tanto per il bello c'erano sempre Ibiza e la Sardegna.
Da rovinare anche quelle.
E le colonne.
Che quando ti va male trovi in terra bottiglie di vetro.
Che nessuno ha mai detto: "ma i cestini dove sono?".
Che qualcuno vuole chiudere al pubblico.
Che però chissa perchè Corso Como, alcova di aspiranti Lapo. No.
Non ha mai disturbato nessuno.
Rivoglio la luce della stella.
Che ho visto solo nelle foto.

19 ottobre 2005

Al lupo! Al lupo!



Intervalli di tempo quasi regolari.
Tormentoni ricorrenti.
Che nascono crescono fino a scoppiare e si trasformano in nane bianche.
Ma non sono stelle.
Mucca pazza. (già illustrato da Mattia)
Ma anche.

SARS. Un mese intero a parlare solo di quello.
Psicosi globale. Articoli, servizi, reportage e dossier.
Un mese intero e... CASO CHIUSO.

Eravamo ancora al liceo e dal cielo piovevano blocchi di ghiaccio.
Psicosi regional-nazionale. Articoli, dossier, climatologi e Bruno Vespa.
Quindici giorni e... CASO CHIUSO.

Acque avvelenate nei supermercati.
Acquabomber ed ecoterrorismo.
Trenta casi in una settimana.
Dieci giorni e... CASO CHIUSO.

Uragano Katrina. Un disastro reale.
Ma...
Nella settimana successiva chissà perchè vengono segnalati circa una decina di uragani in tutto il mondo.
Forse che il nubifragio in quei giorni garantiva un ottimo share.
Passa una settimana e... CASO CHIUSO.

Influenza aviaria.
Psicosi interstellare.
Parola ricorrente: PANDEMIA.

Ma provare a fare due conti e vedere, a seguito di questa montatura, quanto hanno fatturato le varie aziende farmaceutiche grazie alla vendita di milioni e milioni di vaccini?
Nel frattempo l'Amazzonia brucia, l'Africa è in ginocchio tra guerre e carestie, in Cina non esiste informazione e giocano a tenerci ignorantie ci mettono paura con un pezzo di ghiaccio e un pollo ammalato.

18 ottobre 2005



C'ERA UNA VOLTA UNA MUCCA PAZZA...
di MATTIA MARINELLI

L’inizio fu la Mucca Pazza, ovvero il morbo di Creutzfeldt-Jacob (BSE), panico generale, la fiorentina bandita in tutta Italia, anche se in qualche macelleria la compravi e in qualche ristorante la potevi mangiare, telegiornali che ci avvertivano delle morti dovuti alla carne di mucca contagiata dal morbo, persone che si convertivano al veganesimo, così tanto per non correre rischi, e vendite di carne di mucca ai minimi storici. Eppure c’era chi stava bene, che se la godeva e chi se la spassava, certo, il Sig. Amadori se la ghignava sotto i baffi, andava in giro con il cappellino e la trombetta a fare baldoria, si ricordano scene di trenino in strada con lui capotreno!! E come non essere contento, alla fine lui stava vendendo il 60% in più di polli, ovviamente anche ad un prezzo maggiorato, tanto per non lasciare nulla al caso. Bella la vita del Sig. Amadori, se non fosse che… cazzo sta arrivando l’influenaza aviaria, i polli non si vendono più, e il consumo sta calando a vista d’occhio, del 40% per ora, ma sicuramente calerà ancora. Non lo vedremo più con la trombetta a fare baldoria per le strade delle città, no, li non lo vedremo, ma lo abbiamo visto al TG5 a sponsorizzare aggratis i suoi polli made in Italy!!!! Eh si, come non credere all’imparzialità del Sig. Amadori quando ci dice che i suoi polli sono sani, scusate il gioco di parole, come dei pesci!!!
Beh io spero solo una cosa, che non arrivi, dopo tutto sto macello, anche il morbo della pasta inferocita, li si che sarebbero cazzi…

17 ottobre 2005



IL FILM DELLA SETTIMANA:
ROMANZO CRIMINALE

Ispirato all'omonimo libro del magistrato Giancarlo De Cataldo e portato sul grande schermo da Michele Placido, Romanzo Criminale è uno tra i film più ambiziosi del cinema italiano. Per una volta riuscito. Perfettamente. Un film che sa parlare al pubblico, con una grande attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e contemporaneamente alla cura dell'aspetto spettacolare. Elementi che permettono di tirare avanti per più di due ore e mezza.
Il Freddo, il Libanese, il Nero e Dandi. Quattro bambini, quattro spietati delinquenti in vent'anni di storia Italiana.
Nascita, vita e morte della banda della Magliana, l'organizzazione criminale capace di conquistare Roma negli anni '70 e capace, a suo tempo di macchiarsi delle più feroci nefandezze degli anni di piombo, dalla strage della stazione di Bologna fino al sequestro Moro.
Un pò noir e un pò poliziesco. Dai toni tragici con rimandi epici e Shakespeariani dove ira e vendetta, fomentate dal tradimento, prendono via via sempre più peso.
Il grosso rischio era quello di voler dire troppo.
Sopratutto quando ci si addentra in fosche trame di palazzo.
Un rischio scampato grazie al cast che anima il film. Il vero punto di forza.
Se Pierfrancesco Favino spicca per intensità e mimetismo e Claudio Santamaria non delude nemmeno nei panni di un personaggio viscido e pusillanime, una nota a parte merita Kim Rossi Stuart, a totale suo agio con un personaggio complesso e dalle diverse sfacettature, maligno ed affascinante, spietato nei delitti e infinitamente tenero con la compagna (una sempre misurata Jasmine Trinca).
Il punto esclamativo va infine a Riccardo Scamarcio, il Nero, astro nascente di quella generazione di attori, i belli e dannati, che, sopratutto in Italia stava andando pian piano spegnendosi.
Purtroppo l'unica nota stonata, ancora una volta, è rappresentata dall'ex enfant prodige Stefano Accorsi. Questa volta il motivo sembra essere la ravvicinata presenza della conturbante dark lady Anna Mouglalis, così magnetica da schiacciare con la sua aura il personaggio interpretato da Accorsi.
Al di là del valore artistico il film ha il merito di disegnare, a tratti anche dettagliatamente, un periodo controverso della storia del nostro paese avvalendosi anche di una colonna sonora molto intensa dove spicca il remake di I heard through the grapevine cantata da Giorgia.
Da vedere. Davvero.


FILM

I Goonies
per SuperSloth, le Baby Ruth, la banda Fratelli, i traccobbetti e Willy l'orbo

Forrest Gump
per Buuuuba, Jenny, la zuppa di Gamberi e la pioggia fina fina

Stand by me
per l'estate, i boschi e la canzone

Radiofreccia
per Bonanza, Frezza, i duelli senza proiettili e il Luccio nella pozza

Le ali della Libertà
per il liceo, Rita Hayworth e le fughe in Messico

Giovani carini e disoccupati
per Wynona, le videocamere digitali, i coinquilini pazzi e il tetto

Il giardino delle vergini suicide
perchè al di là del titolo è l'inno alla vita, per la colonna sonora e per Kirsten

Una canzone per Bobby Long
per il blues, i libri incompiuti, il Missisipi e la città che non c'è più

Alice nel paese delle meraviglie
per il bruco, i funghi, le ostrichette e il bianconiglio

Lost in translation
per le strade di Tokio, il liquore Affori, il karaoke e

13 ottobre 2005



L'UOMO DEI TULIPANI

Ci sono libri che li leggi e passano.
Ce ne sono altri che li vivi e restano. Magari stanno lì. Sepolti sotto la valanga di ricordi che ci riempiono la testa. Ma ritornano sempre. Citazioni, frasi dette o pensate, personaggi che sembrano prendere forma nelle persone che incontri per strada.
L'uomo dei tulipani di Lorenzo Marini è uno di questi.
Così nitido da sembrare un film e tuttavia così sfumato da confondersi in un sogno.
A partire dai personaggi.
E allora incontri Claudius. L'uomo di scienza immerso nella sua ricerca impossibile. Impresa del catalogare le nuvole. Il fotografo del cielo.
O Van der Kalm. Incarnazione dell'elogio alla lentezza. Ma anche di una vita vissuta in ogni istante. In attesa dell'incontro che le darà il senso.
E poi i protagonisti.
Il pittore Napilut e la musa Assentia. Capaci di comunicarsi amore solo nei momenti di silenzio in cui Lui dipinge tulipani vivi della vita di Lei.
Con Blu, l'assistente cieca di Napilut. Unica a capire. Per saggezza e obbligata dalla natura . Che l'essenziale è invisibile agli occhi.
Uno di quei libri.
Che parlare di stile narrativo è inutile.
Che se senti l'odore dei luoghi. E vedi i colori dei fiori. Tutto il resto non conta.
Uno di quei libri.
Che non sai se è una fortuna che ti sono capitati.
O un peccato perchè li hai già letti e invidi chi ancora dovrà scoprirli.
Non solo.
Che forse la bellezza di un libro dipende molto dal bene che vuoi alla persona che te l'ha consigliato.
E allora non hai dubbi.
Il libro più bello che c'è.

12 ottobre 2005






New Orleans ieri sera (in quattro atti).

11 ottobre 2005



COCA EVERYWHERE

Prima Kate con le sue gambe infinite.
Poi un attore di serie B. Tale Calissano. Meglio noto come Bruno-di-Vivere.
E infine la nuova macchietta italiana.
Il buon Lapo Elkann. L'uomo delle felpe FIAT. L'uomo dei congiuntivi improbabili. L'uomo che per rilanciare il marchio torinese approva il lancio sul mercato della Nuova Croma. Un nome un programma. Come se uno decidesse di chiamare il figlio Adolf, o ragionier-ugo-fantozzi tutto attaccato.
Tutti e tre beccati con le mani in pasta.
O meglio.
Con i nasi in pista.
E allora via con i dossier. Gli speciali. Lucignolo che indaga. Indaga. Indaga.
Ma cosa mai bisognerà indagare?
La coca è ovunque.
A milano nevica tutto l'anno. E ogni fiocco costa.
E allora pronti via con le solite nenie del tipo i giovani d'oggi hanno tutto e sono infelici. Non hanno più valori.
Nessuno però ci viene a dire che il consumo di cocaina sta mettendo le proprie basi tra i giovanissimi.
Una volta ci si faceva una canna.
Oggi invece è molto più facile trovare la cozza.
Sopratutto dopo la legge dell'equiparazione tra droghe leggere e pesanti.
Molti spacciatori sono passati dal traffico di Hashish e Maria a quello di cocaina.
Per una semplice legge del mercato.
La coca pesa meno, occupa meno spazio e rende dieci, cento volte tanto.
Con un altro piccolo problema.
Se uno si rolla uno spino di fumo pessimo al massimo inala un pò di ammoniaca.
Se invece pippa qualcosa di bassa qualità rischia la vita.
Come altre migliaia di persone. Come Lapo, come la ballerina a casa di Calissano. Che la vita l'ha persa.
Una "diversificazione" del mercato che gioca sui numeri.
Se su cento persone che si facevano le canne ce n'è qualcuno che per "irreperibilità" d'erba passa al consumo di cocaina è un fatto gravissimo. Sopratutto se si tratta di giovanissimi.
Però attenzione a parlarne.
Perchè è la droga dei ricchi.
Anzi.
Di quelli che giocano a fare i ricchi nei posti famosi frequentati dai ricchi.

10 ottobre 2005




IL DIVERSO PESO DELLE MORTI

Il diverso peso delle morti.
Che si misura con il numero di articoli e dei servizi trasmessi al tiggì. E allora succede che l'uragano Katrina si sveglia una mattina e spazza via New Orleans.
E quanto pesa la tragedia?
Una settimana di prime pagine e simil-reportage. Che se riesci a scomodare Porta a Porta porti in dote una vagonata di punti share.
Che a fine anno nella gara Mediaset/Rai fanno tesoro.
Anche perchè ormai gli attentati non tirano più.
Al massimo li passano come terza notizia dopo Valentino che ha vinto il motomondiale.
Oggi vanno gli uragani. Veri o finti. Con nomi da scorreggia o da zarina russa. Con nomi brevi, sintetici, che possono essere raccontati e ricordati.
E allora via alla gara delle castronerie.
E ti capita di leggere che per le vie di New Orleans galleggiano migliaia di corpi.
Alcuni mangiati dagli alligatori.
Che devi fermarti un secondo. Respirare tranquillo per renderti conto delle badilate con cui ci colpiscono per farci perdere la testa.
Ma forse fanno notizia solo gli uragani che colpiscono i paesi che contano.
O che magari ti permettono di sparare a zero sul Governo di quello stato. Di aprire inchieste. Di giocare a far cadere presidenti

In questi giorni in America Centrale è passato un altro uragano. Stan.
E ha messo in ginocchio il Guatemala.
Centinaia di morti. E tremila dispersi. Ed è ancora peggio quando li chiamano così.
Ma nessuno lo sa.
Le morti in Guatemala pesano qualche trafiletto.
Tanto non ci sono paradossi razziali. Non ci sono presidenti da far cadere.
Devi navigare sul web. Scoprire un sito che si chiama http://www.misna.org
E intanto c'è chi non usa internet.
E il Guatemala continua a non sapere nemmeno dov'è.
GUATEMALA IN GINOCCHIO

È salito a 652 morti il bilancio ufficiale delle vittime delle inondazioni provocate dalla tempesta tropicale ‘Stan’ nel solo Guatemala, dove almeno 130.000 persone di 421 comuni – secondo fonti governative – hanno subìto in qualche misura gli effetti del maltempo e attualmente dipendono totalmente dell'aiuto pubblico. Il villaggio indigeno di Panabaj, situato nel municipio di Santiago Atitlán, 180 chilometri a est della capitale, è stato completamente sepolto da una frana che avrebbe provocato tra i 1.400 e i 3.000 dispersi. Il presidente Oscar Berger ha già dichiarato le aree di Panabaj e Tzanchaj “cimiteri nazionali” disponendo la sospensione delle operazioni di ricerca nel timore che i cadaveri favoriscano il propagare delle epidemie. Berger ha avvisato ai guatemaltechi di “prepararsi a ricevere notizie catastrofiche” lanciando un appello alla comunità internazionale affinché assista il Paese nella distribuzione di aiuti e per la ricostruzione.

07 ottobre 2005



LA MAGIA DEL VENERDI'

Che ti capita di incontrare qualcuno che sorride.
Anche a Milano. Ed è una novità.
Che ogni cosa è più leggera.
Che tanto hai due giorni per sbollire. O ridere. O tifare. O fare l'amore.
Ma di Venerdì ti godi l'attesa.
Fai più progetti di Leonardo.
Che non ne realizzerai nemmeno uno.
Che tanto poi succede sempre qualcosa che scombina tutto.
E meno male.
Che se dovevi uscire pioverà.
Che se invece vuoi dormire ci sarà un sole che ti darà del pazzo perchè te ne stai a letto.
Ma se ti dicono di alzarti tu siedi.
Da non accontentarsi mai.
E se si siedono tu alzati in piedi. (Rubata)
Venerdì di libere associazioni.
Che ormai sa di sushi e navigli.
E di viaggi di ritorno.
A casa.
Che di Venerdì hai tutti i diritti tranne uno.
Di essere incazzato.
Che tanto avrai tutta la nuova settimana.
Scherzo.
E che non può piovere per sempre (Rubata anche questa).
Pirata.
Che di Venerdì tutto è permesso.

06 ottobre 2005



LAMPI DI FILOSOFIA

MISTERI DEL VOLTO
di MATTIA FUMAGALLI

Il volto,una totalità di significati, un “mondo” che converge e si raccoglie nel senso di una coscienza : ciò a cui tutto è posto di fronte; un “ punto zero” della soggettività, una prospettiva, fonte di enigmi. Il fascino di ogni volto è la sua capacità di svelare, ma ad un tempo anche di nascondere: è principio di slancio e apertura, ma anche di limitazione e occultamento; scopre e insieme oscura. La sua veste è lo sguardo; Situato nello spazio, nel tempo e nella storia; disteso fra un passato determinato ed un possibile futuro. Ma cosa sono passato e futuro senza relazione a quel presente che il volto è nella sua individuazione in quell’istante? Situazione, orizzonte che in un certo presente raccoglie passato e futuro: convergenza che insieme manifesta e nasconde. Nascondere: sì, ogni prospettiva, ogni sguardo sembrerebbe implicare una zona d’ombra. Ma…. che forse il venir meno della luce sia un nascondimento che produce un più acuto vedere? In tal senso, la coscienza del buio e dell’incognita dovrebbe costituire una linea essenziale del sapere prospettico dello sguardo, la consapevolezza di una verità sempre inadeguata che spinge appunto ad un’incessante trasgressione. Il “mondo” è costituito nello sguardo e come tale è da scoprire, sempre. Il volto è un mistero, insondabile, irriconoscibile e inoggettivabile nella sua ultimità. Chi può riconoscerlo, chi giudicarlo? Nessuno, ma forse potrebbe essere restituito a se stesso solo da uno sguardo che lo intenda come soggetto che costituisce un’autentica, anche se nascosta, fonte di senso, prospettiva; fascino di un dilemma.
Se due volti si riconoscessero come un’autentica sorgente di significazione, come un centro nel quale un mondo viene a manifestarsi, sarebbero in qualche modo gli specchi oggettivi e reciproci della loro soggettività; finalmente il guardarsi degli sguardi. Questi si restituirebbero nella riconoscenza e costituirebbero il guardarsi dei loro sguardi. Dunque il viso, gli occhi e, ancora, gli altri sguardi comporterebbero la verità del punto di vista, quella verità che nella riflessione del “punto zero” resta pur sempre in forse. Oppure no, quando la reciprocità della relazione non accade, ecco la frustrazione: uno chiede e l’altro non risponde; torna a chiedere, ma stavolta esigendo, cioè imponendo; ora lo sguardo non accoglie più, ma buca. Così, ciò che poteva essere liberamente offerto, lo ‘sguardo riconoscente ’, viene violentemente estorto. L’ideale conseguenza di un’originaria richiesta di riconoscimento frustrata sfocia nella logica del rapporto di dominio: un volto non può accettare di essere deluso, ha bisogno, deve essere riconosciuto; esige ciò senza cui non potrebbe essere se stesso.
Ma la delusione fa parte delle danze; le verità dei volti possono essere disvelate, ma mai del tutto adeguate; ecco l’inevitabile problematicità degli sguardi, non per questo destinati al fallimento e privi di ogni garanzia. E’ solo l’oscuro, l’enigma che mi apre gli occhi. Non ci sono formule, non ci sono assiomi. Un volto è inspiegabile, non si analizza, ma si vive, si respira. L’affascinante specchio del cuore può essere solo in parte compreso , scoperto, vissuto attraverso la meraviglia e il mistero della sua inesauribilità.

03 ottobre 2005



AGAINST STAGE
di MATTIA MARINELLI

AAA. Brillante neolaureato, con master master universitario cerca lavoro…
Già l’inizio è sbagliato, più che AAA dovrebbe esserci ahahahahahahahaha, si perché c’è da ridere!
E poi, ormai lo sanno tutti, prima di iniziare a lavorare devi avere avuto almeno una esperienza di stage. Ora bisognerebbe fare un po’ di chiarezza sul significato di stage: nelle intenzioni questo dovrebbe essere il momento in cui il neolaureato impara “sul campo” il lavoro, e, l’azienda oltre a valutare lo stagista (o stagieur…) usufruisce dei sui servigi. Questo sulla carta, in pratica lo stagista non impara un cazzo e l’azienda evita di assumere un altro cristiano per fare un progetto “una tantum”. A beh ma c’è la possibilità di venire assunti… Se ci credi…
Gli stage per essere coerenti con la loro natura di sfruttamento non devono essere retribuiti, altrimenti che gusto c’è?
In verità le aziende che propongono stage si dividono in tre macro categorie: gli strozzini, ossia quelli che ti fanno lavorare come un negro in lavori del cazzo (aggiornamento database, traslochi, fotocopie…) e non ti danno neanche una lira. Seconda categoria: gli strozzini che vogliono avere la coscienza pulita, quelli che ti danno il rimborso spese, che notoriamente non rimborsa una bega…
Terza categoria: le gocce nel mare, quelli che pur pagandoti non ti umiliano con lavori inutili!
Con queste prospettive il lavoro è sempre più una chimera…
Ma a me che me ne fotte, ho un master della Bocconi…

02 ottobre 2005



INVERNO CHIAMA

Magia delle stagioni.
Il solito trucchetto che però ti frega sempre.
Eallora succede che ti svegli e speri di trovare l'estate come il giorno prima e magari uscire in maglietta.
E correre o perder tempo al parco poco importa.
Sittin' on the dock of the bay. Wasting time.
Invece.
Il grigio di un inverno che comincia a bussare.
Urlare che è domenica.
Che il tempo dovrebbe almeno aver rispetto.
Che oggi è giorno di vacanza.
Ma poi ti accorgi che anche così ci può stare.
Che è pioggia strana.
Pioggia da On the road.
Che ti sembra di vederlo. Jack tutto stretto nell'impermeabile.
Sotto pensiline disperse nei più dispersi tra i paesi degli states.
Pioggia da film.
Quelli che c'è sempre una tavola calda. Con cameriere che chiedono e versano altro caffè.
Che i protagonisti è solo lì che se lo scambiano. Lo sguardo fatale.
Che poi attacca la canzone perfetta. Per il momento.
E ne basta mezza strofa.
Che sai già che entrerà nella colonna sonora della tua vita.
Che se poi ti capita di ascoltare steso sul letto Stairway to heaven.
Allora vorresti che questa pioggia non finisse mai.