06 ottobre 2005



LAMPI DI FILOSOFIA

MISTERI DEL VOLTO
di MATTIA FUMAGALLI

Il volto,una totalità di significati, un “mondo” che converge e si raccoglie nel senso di una coscienza : ciò a cui tutto è posto di fronte; un “ punto zero” della soggettività, una prospettiva, fonte di enigmi. Il fascino di ogni volto è la sua capacità di svelare, ma ad un tempo anche di nascondere: è principio di slancio e apertura, ma anche di limitazione e occultamento; scopre e insieme oscura. La sua veste è lo sguardo; Situato nello spazio, nel tempo e nella storia; disteso fra un passato determinato ed un possibile futuro. Ma cosa sono passato e futuro senza relazione a quel presente che il volto è nella sua individuazione in quell’istante? Situazione, orizzonte che in un certo presente raccoglie passato e futuro: convergenza che insieme manifesta e nasconde. Nascondere: sì, ogni prospettiva, ogni sguardo sembrerebbe implicare una zona d’ombra. Ma…. che forse il venir meno della luce sia un nascondimento che produce un più acuto vedere? In tal senso, la coscienza del buio e dell’incognita dovrebbe costituire una linea essenziale del sapere prospettico dello sguardo, la consapevolezza di una verità sempre inadeguata che spinge appunto ad un’incessante trasgressione. Il “mondo” è costituito nello sguardo e come tale è da scoprire, sempre. Il volto è un mistero, insondabile, irriconoscibile e inoggettivabile nella sua ultimità. Chi può riconoscerlo, chi giudicarlo? Nessuno, ma forse potrebbe essere restituito a se stesso solo da uno sguardo che lo intenda come soggetto che costituisce un’autentica, anche se nascosta, fonte di senso, prospettiva; fascino di un dilemma.
Se due volti si riconoscessero come un’autentica sorgente di significazione, come un centro nel quale un mondo viene a manifestarsi, sarebbero in qualche modo gli specchi oggettivi e reciproci della loro soggettività; finalmente il guardarsi degli sguardi. Questi si restituirebbero nella riconoscenza e costituirebbero il guardarsi dei loro sguardi. Dunque il viso, gli occhi e, ancora, gli altri sguardi comporterebbero la verità del punto di vista, quella verità che nella riflessione del “punto zero” resta pur sempre in forse. Oppure no, quando la reciprocità della relazione non accade, ecco la frustrazione: uno chiede e l’altro non risponde; torna a chiedere, ma stavolta esigendo, cioè imponendo; ora lo sguardo non accoglie più, ma buca. Così, ciò che poteva essere liberamente offerto, lo ‘sguardo riconoscente ’, viene violentemente estorto. L’ideale conseguenza di un’originaria richiesta di riconoscimento frustrata sfocia nella logica del rapporto di dominio: un volto non può accettare di essere deluso, ha bisogno, deve essere riconosciuto; esige ciò senza cui non potrebbe essere se stesso.
Ma la delusione fa parte delle danze; le verità dei volti possono essere disvelate, ma mai del tutto adeguate; ecco l’inevitabile problematicità degli sguardi, non per questo destinati al fallimento e privi di ogni garanzia. E’ solo l’oscuro, l’enigma che mi apre gli occhi. Non ci sono formule, non ci sono assiomi. Un volto è inspiegabile, non si analizza, ma si vive, si respira. L’affascinante specchio del cuore può essere solo in parte compreso , scoperto, vissuto attraverso la meraviglia e il mistero della sua inesauribilità.